Vi siete mai chiesti perché alcune sostanze risultano dolci all’assaggio?
La sensazione di dolcezza deriva da meccanismi ormai ben compresi. In bocca, e specie sulla punta della lingua, si trovano specifici “recettori” per il gusto dolce; sono proteine con una sorta di “nicchia” in grado di riconoscere e di legare certi composti. Quando il recettore entra in contatto con una di queste sostanze, che entra nella sua nicchia quasi come una chiave nella serratura, invia un segnale al nostro cervello, che viene interpretato come “dolcezza”.
La preferenza per il gusto dolce è innata e istintiva per il neonato, che riconosce il latte materno, che è appunto dolce, e che è l’alimento principe nelle primissime fasi della vita. Più in generale il gusto dolce permette di identificare sostanze caratterizzate da un contenuto di energia di facile e rapida utilizzazione. Il recettore riconosce infatti parecchi composti: oltre al lattosio, contenuto anche nel latte materno, il fruttosio, che conferisce alla frutta matura il gusto dolce, il saccarosio (il comune zucchero da cucina), il glucosio. Sono tutte molecole abbastanza simili, definite zuccheri semplici.
La ricerca scientifica ha poi individuato, nel tempo, molti composti che, pur avendo struttura chimica completamente diversa dagli zuccheri semplici, sono in grado di stimolare i recettori del gusto dolce, sempre interagendo con la loro “nicchia”, che possono essere definiti collettivamente “dolcificanti”.
I recettori del gusto dolce si trovano anche in altre parti dell’organismo umano (nell’intestino, nel fegato, nel cuore, perfino nella vescica). Non si conosce bene il significato della loro presenza in queste aree: anche perché questi specifici recettori non inviano il segnale del “dolce” quando interagiscono con uno zucchero. Probabilmente svolgono un ruolo nel controllo dell’apporto di cibo (e quindi dell’alternanza tra appetito e sazietà) e dell’equilibrio del glucosio nell’organismo; la ricerca in questo settore è ancora in continua evoluzione.